Il Partenone

Il Partenone, tempio di Atena Parthenos (Vergine) eretto tra il 447 e il 438 a.C., è l’edifico sacro più maestoso dell’Acropoli, dotato di otto colonne doriche sui lati brevi e diciassette sui lati lunghi. Attraverso le sei colonne del pronao si accedeva alla cella, divisa in due parti. L’ambiente posto nel tratto est, lungo 19 metri, era scandito su tre lati da due registri di colonne doriche, che ripartivano la cella in tre navate. Al centro era collocata la statua di Atena crisoelefantina (cioè realizzata in placche di oro e avorio fissate a un’intelaiatura lignea), opera di Fidia. Il vano occidentale, di dimensioni minori, era dotato di quattro colonne ioniche a sostenere il soffitto. Tale sala, detta Parthenos, era probabilmente il luogo dove venivano custoditi il tesoro della città e gli arredi sacri del tempio o, secondo un’altra ipotesi, l’ambiente in cui le vergini (parthenoi) tessevano e ricamavano il peplo da offrire ad Atena durante le feste in suo onore (le Panatenee).

La statua di Atena Parthenos, alta circa dodici metri, raffigurava la dea in piedi con l’egida (una sorta di corazza in pelle di capra con la testa mostruosa della Gorgone) sul petto. Nella mano destra, appoggiata ad una colonnina, era posta una piccola Nike alata (Vittoria). Sulla spalla sinistra poggiava una lancia, mentre la mano corrispondente della dea teneva uno scudo, ornato sul lato esterno da un’altra testa di Medusa e da scene dell’Amazzonomachia (la guerra mitica fra Greci e le Amazzoni, tribù di donne guerriere), mentre l’interno presentava scene dello scontro fra le divinità dell’Olimpo e i Giganti (Gigantomachia). Dietro lo scudo spuntava un serpente, simbolo di Erittonio, il mitico fondatore di Atene allevato dalla stessa dea. I bordi dei sandali erano decorati con scene di combattimento fra i Lapiti, mitico popolo della Tessaglia (regione della Grecia), e i centauri, la cosiddetta Centauromachia – altro mito all’insegna del conflitto tra barbarie e civiltà. La base di sostegno della statua era abbellita dalla raffigurazione della nascita di Pandora (la prima donna del mito greco).

I soggetti che decoravano la statua di Atena trovano un’eco nella decorazione scultorea del Partenone, affidata anch’essa a Fidia e terminata nel 432 a.C. I calchi esposti qui in Gipsoteca riproducono le dee Demetra e Kore che assistono, sedute, alla nascita di Atena e che, insieme ad altre divinità, componevano la decorazione del frontone orientale (elemento architettonico di forma triangolare collocato in corrispondenza della facciata del tempio). Le statue del frontone occidentale, invece, narravano la contesa fra Atena e Poseidone per il controllo dell’Attica (la regione in cui si trova Atene). Sui lati esterni del tempio correva un fregio dorico, ripartito cioè in metope figurate e triglifi (elementi decorativi solcati da scanalature verticali); le metope raffigurano, sui diversi lati dell’edificio, scene di Gigantomachia (mitica lotta tra dèi e Giganti), Centauromachia, Amazzonomachia e della distruzione di Troia.

Un secondo fregio decorava i lati esterni della cella. Si tratta di un fregio continuo, caratteristico dell’ordine ionico, raffigurante un unico evento: la festa delle Panatenee. Il corteo parte dal lato occidentale e si divide in due parti (lungo i lati nord e sud) per poi ricongiungersi sul versante orientale, in corrispondenza dell’ingresso del tempio, dove anche le divinità assistono all’evento. I calchi in mostra in Gipsoteca riproducono alcuni momenti della processione che si teneva durante la festa: giovani che portano sulle spalle vasi per l’acqua (un tipo di contenitore chiamato in greco hydria), i vittimari che conducono gli animali per il sacrificio, i cavalieri al galoppo o che tengono i cavalli per le briglie e le fanciulle, dette Canefore o Ergastine, che ricamavano il peplo di Atena, qui rappresentate mentre avanzano in coppie.

La vita del Partenone non terminò con l’età classica: in epoca medievale venne trasformato in chiesa e successivamente in moschea, quando la Grecia venne conquistata dagli Ottomani nel Quattrocento. Nel 1687, durante un assedio veneziano, alcuni colpi di mortaio colpirono l’edificio, nel quale erano state stoccate munizioni ed esplosivi, provocando gravi danni alla struttura e al suo ornato. Agli inizi dell’Ottocento, Thomas Bruce, conte di Elgin e ambasciatore inglese a Costantinopoli, ottenne il permesso di disegnare e studiare le antichità dell’Acropoli e di rimuovere le sculture superstiti. Lord Elgin fece smontare e trasportare in Inghilterra buona parte delle sculture del Partenone. Nel 1816, i “Marmi Elgin” furono acquisiti dal British Museum di Londra dove ancora oggi si trovano, sebbene il governo greco ne reclami con forza la restituzione ormai da diversi anni.